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Testimonianza scritta nuovo «mezzo di prova»

di Niccolò Nisivoccia

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3 giugno 2009

Nel nostro ordinamento la testimonianza è sempre stata solo orale ed è la più tipica delle prove costituende, dove per tali si intendono le prove che si formano soltanto nel processo, come risultato di un'attività istruttoria in senso stretto, in contrapposizione alle prove precostituite (la più tipica delle quali è la prova documentale), che invece si formano fuori del processo (e normalmente prima), nel quale entrano attraverso un atto di esibizione o di produzione.

Ora le cose sono destinate a cambiare molto, perché il testo di riforma approvato dalla Camera introduce nel codice di procedura civile una norma apposita (articolo 257 bis), che ammette la possibilità di assumere testimonianze anche in forma scritta.

Il primo comma della nuova norma subordina tale possibilità a due condizioni, solo la prima delle quali appare però stringente e suscettibile di essere rigorosamente applicata. È previsto infatti che la testimonianza scritta possa essere disposta: 1) solo a patto che le parti siano d'accordo; 2) e tenuto conto della «natura della causa» e di «ogni altra circostanza». Qui, la genericità del riferimento alla «natura della causa» o a «ogni altra circostanza» prefigura due scenari: o nei fatti verrà sempre considerato sufficiente il solo accordo delle parti (considerato oltretutto che il processo civile verte per definizione su diritti disponibili, in relazione ai quali la volontà delle parti è inderogabile in linea di principio); o sarà sempre contestabile e contestata la decisione del giudice, che dovesse considerare incompatibile la testimonianza scritta rispetto alle particolarità del caso concreto.

Ciò detto, la nuova norma pone a carico della parte che abbia chiesto la testimonianza scritta l'onere di predisporre «il modello di testimonianza in conformità agli articoli ammessi» e di notificarlo al testimone: la testimonianza consisterà nella compilazione di tale modello da parte del testimone, «in ogni sua parte, con risposta separata a ciascuno dei quesiti». Inoltre, il testimone dovrà specificare eventualmente quali sono i quesiti «cui non è in grado di rispondere, indicandone la ragione»; e naturalmente potrà continuare ad avvalersi della facoltà di non rispondere (come in relazione alla testimonianza orale), fermo tuttavia anche in questo caso l'obbligo di indicare i motivi dell'astensione.

Il modello poi dovrà essere sottoscritto (e la sottoscrizione dovrà essere autenticata da notaio) e spedito «in busta chiusa con plico raccomandato» o consegnato direttamente alla cancelleria del giudice, il quale infine sarà chiamato a valutare le dichiarazioni rese e potrà anche decidere di chiamare il testimone a deporre comunque davanti a lui (e qui evidentemente bisogna pensare alle ipotesi in cui le risposte appaiano insufficienti o confuse, o forse anche poco attendibili).

Così come configurata, la testimonianza scritta pare rappresentare un vero e proprio nuovo mezzo di prova, a metà strada non solo fra prova orale e prova scritta, ma addirittura fra prova precostituita e prova costituenda. Rimarrà infatti pur sempre il vaglio del giudice come elemento imprescindibile, ma a tale vaglio la testimonianza scritta risulterà sottratta nel suo momento formativo. I testimoni risponderanno ai quesiti loro sottoposti nel buio e nella solitudine delle loro stanze, o più verosimilmente nel buio e nella solitudine delle stanze degli avvocati che li hanno chiamati; e sarà difficile allora continuare a considerare la testimonianza come una prova raccolta nel processo. La realtà è che la testimonianza tenderà sempre più a formarsi fuori del processo, proprio grazie alla possibilità di essere raccolta per iscritto; e, una volta ben compilati i moduli contenenti i quesiti (come potrà risultare facile a testimoni adeguatamente aiutati), al giudice rimarrà poco spazio anche solo per giustificare la chiamata del teste davanti a lui, che pure la norma gli concede come ipotesi residuale.

3 giugno 2009
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